Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Marco Cinque:
Sull'utilizzo e la mistificazione delle parole, del loro senso e significato da parte di chi è al potere e da coloro che, per svariate ragioni, il potere stesso lo approvano e lo sostengono, c'è molto da dire. Storicamente, una delle parole più gettonate era “infedele”, cioè quella riferita a individui che non credevano in un determinato Dio e che venivano perciò trasformati automaticamente in persone di per sé malvage. Se l'infedele di turno era donna, la dose di malvagità si raddoppiava e la stessa veniva definita “strega”, da punire e bruciare in pubblici roghi.
Il termine “selvaggi” invece era destinato a popoli e persone con stili di vita e culture non conformi a quella dominante; tale parola poneva i destinatari della stessa come soggetti più animali che umani, quindi inferiori per definizione. Ma l'uomo cosiddetto civilizzato non si è risparmiato trucchi per coprire l'orrenda natura delle proprie azioni. Ad esempio, il più grande genocidio della storia umana, quello dei nativi delle americhe, è stato definito col termine giustificatorio e autoassolutorio di “Destino Manifesto”.
Arrivando ai giorni nostri, questa pratica si è ancor più evoluta ed affinata: ad esempio cosa vuol dire “integrazione” (accezione che viene data addirittura con intenzioni positive), se non la concessione di un padrone al proprio servo, di un re al proprio suddito, di un tiranno al proprio schiavo? Se ci riflettiamo un'integrazione non sottende mai un confronto alla pari, a meno che non si rinunci ad una sua consonante e si trasformi in “interazione”. Oppure, perchè la parola “extracomunitario” non si riferisce mai a canadesi, australiani o statunitensi, ma è utilizzata puntualmente in modo offensivo, discriminatorio e razzista?
Arriviamo infine alle efferatezze compiute dal mondo moderno ed evoluto e al tentativo di sminuire, se non addirittura di rendere innocenti, i propri misfatti. La lista è lunga: “esecuzioni capitali” invece di “omicidi legalizzati”, “Centri di permanenza temporanea” o anche "Centri d'igiene mentale" piuttosto che “lager”, etc.; ma a questa lista non possiamo non accludere i “bombardamenti chirurgici”, cioè quegli attacchi militari mirati che, in maniera pianificata e premeditata, uccidono delle persone senza processo né condanna. Poi ci sono gli “effetti collaterali”, ovvero i massacri di civili inermi (statisticamente già previsti e messi in conto all'inizio d'ogni guerra) definiti così per distinguerli dalle odiate stragi terroristiche. E ancora i “missili intelligenti”, cioè quegli ordigni che ad ogni esplosione rimpinguano magicamente il conto in banca delle multinazionali delle armi e della ricostruzione. Per finire, la tanto invocata e brandita “guerra umanitaria”, una forma di conflitto bellico che ancor prima di annientare luoghi, inquinare territori e seminare morti, ha preventivamente assassinato il senso stesso delle parole di cui si fregia.
Vogliamo continuare questo massacro?
Marco Cinque