Le First Nations avevano preannunciato anche con uno video spot che inquinare la Madre Terra non sarebbe stato più tanto facile. Il 16 novembre scorso si è svegliato un altro Canada. L’appello dei Nativi è stato accolto in modo straordinario da centinaia di associazioni. Canada is a little different today, si crogiolano per il successo di 130 azioni che hanno visto la partecipazione di decine di migliaia di persone con lo scopo di formare una linea-muro ideale finalizzata al blocco del progetto di un oleodotto che dovrebbe collegare i giacimenti di sabbie bituminose nello stato di Alberta con le coste settentrionali dello stato British Columbia.
A testimoniarlo la malcelata soddisfazione delle stesse, dei siti sociali , politici, naturalistici. Il First Nations Land Management Regime in base alla legge canadese attribuisce alle First Nations il diritto di controllare la gestione ambientale delle terre tradizionalmente sotto la loro autorità.
Con molto coraggio hanno indetto per il 16 novembre scorso una giornata nazionale contro le volontà inquinanti di ricconi e governanti: i dollari sono sempre dollari anche se canadesi.
Due giorni dopo , The Province titolava:”Thousands rally in Vancouver against Enbridge’s proposed Northern Gateway pipeline”, occasione eccezionale vedere tanta gente manifestare. La manifestazione di Vancouver è stata accompagnata da moltissme altre a testimoniare la forza morale trainante dei Nativi, cosa veramente difficile nella grande nazione canadese.
Si è creato un movimento a livello nazionale da costa a costa che quotidianamente accoglie nuovi organizzatori. E’ nato un crescente spirito di solidarietà tra coloni e nativi. A Prince George in British Columbia dei circa 200 manifestanti la metà erano appartenenti alle First Nations. Gli eventi di Edmonton e Calgary sono stati guidati dalle First Nations. Ad Halifax la folla applaudiva e ringraziava per la guida di Amy Sock della nazione Elsipogtog. Uno dei più grandi è stato quello di Oka in Quebec appena fuori Montreal, località mitica per la resistenza irochese; teatro nel 1990 della guerra tra Mohawk e Canada.
I Nativi hanno guidato la lotta per l’ambiente e la giustizia in tutto il paese a nord degli USA. Molti giovani attivisti hanno accresciuto la loro coscienza su questi temi. Come ricordano orgogliosamente: “Questa è una potente combinazione”. Nonostante le condizioni atmosferiche e le bufere di neve la gente si è riunita spalla a spalla in tantissime comunità da Wolfville nella Nova Scotia a Kanesatake in Quebec; da Naujaat nel Nunavut ( Stato degli Inuit) a Sointula nella Columbia Britannica.
L’appello dei nativi ha coinvolto famiglie, anziani, adolescenti e bambini che si sono riuniti in solidarietà con le First Nations e stare insieme per un futuro migliore. Con ogni mezzo hanno rovesciato la loro protesta sui governanti, spesso descritta in cartelli e striscioni ironici.
Sorprendentemente anche la copertura mediatica è stata impressionante dai giornali locali delle piccole cittadine alla Canadian Press con video, articoli e reportage.
Migliaia di canadesi da costa a costa si sono opposti alla sconsiderata espansione di sabbie bituminose, gasdotti ed al cambiamento climatico galoppante. Ad Edmonton hanno accatastato 116 barili per ricordare al legislatore locale la quantità di CO2 che uscirà ogni secondo su Jackpine, miniera di Shell, mostrando il loto sostegno e solidarietà alla Athabasca Chipewyan First Nation.
La battaglia è epocale per le dimensioni dell’oleodotto che distruggerebbe un ambiente straordinario per arrivare sulle coste della British Columbia. affacciate sull’ Oceano Pacifico e frammentate in fiordi ed isole, che custodiscono uno tra i più integri ecosistemi forestali temperati dell’emisfero boreale. Nella zona trovano rifugio e si riproducano numerose specie tra cui il raro Kermode (orso nero dal mantello bianco). Nella stessa trovano sostentamento diversi gruppi di nativi americani tra cui gli Haislam che oggi sono circa 1500, di cui la metà vive in Kitamaat Village. Nel 1918, una pandemia influenzale ha ridotto drasticamente la popolazione Haisla e spazzato via i clan Wolf e Frog. La comunità Haisla ha recuperato ed è in continua evoluzione forte dei suoi 9.000 anni di storia e non intende farsi ancora ammalare dagli invasori.
Il progetto andrebbe a convogliare il petrolio dal centro del Canada a siti costieri di imbarco su petroliere rischia di mettere seriamente a repentaglio questa serie di delicati equilibri e pone le condizioni per devastanti episodi di sversamento in mare di greggio, letali per gli organismi marini e d’acqua dolce e per tutti gli altri esseri terrestri (uomo compreso) che dall’interfaccia terra-oceano traggono le risorse vitali, ricorda il WWF.
Il 16 novembre moltissimi hanno rifiutato la costruzione di “Un oleodotto in Paradiso” come ha ricordato il National Geographic,
Conosciamo la sensibilità volpina del governo, però stavolta non c’erano solo i selvaggi. A quanto pare ci sono state adesioni in tutto il mondo. Ma chi vuole costruire una pipeline progettata per trasportare il greggio estratto dalle sabbie bituminose dell'Alberta, a 1.170 chilometri di distanza, verso i porti di Kitimat, nella Columbia Britannica, da dove verrebbe poi imbarcato verso i mercati asiatici non è un selvaggio?
Chi vuole far passare la conduttura attraverserebbe la Great Bear Rainforest, che rappresenta un quarto delle foreste pluviali temperate costiere dell'America del Nord non è un selvaggio?.
Non è da selvaggi mettere a rischio fiumi incontaminati frequentati da enormi popolazioni di salmoni per la riproduzione? Mettere a repentaglio il rifugio nelle acque dell’oceano di ben 17 specie di mammiferi marini non è un’azione da selvaggi?
E’ da persone civili correre il rischio disastro ambientale facendo attraccare 200 superpetroliere l’anno in un groviglio di canali incessantemente sferzati da forti venti, con nebbie fitte nella stagione invernale e precipitazioni nevose eccezionali?
Nell’area minacciata vive un animale totemico per la popolazione Haisla. Si tratta dell’Orso Kermode che in queste regioni appare spesso con un inusuale mantello biondo, ha il nome di Orso Spirito.
In suo nome ed in quello dell’autentica cultura americana siamo al fianco di tutti i nativi e sostenitori che vogliono difendere la Madre Terra ovvero con le persone civili contro i barbari.
Chi volesse approfondire l’argomento può consultare il sito: http://www.defendourclimate.ca/2013/11/12-photos-prove-today-awesome/
Hoka Hey.
Pablo, Paolo Solari